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L'emigrazione italiana

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Gli emigranti, Angelo Tommasi, 1896

01. Movimenti di emigrazione già dal Medioevo

   Nel basso medioevo, ben prima dell'unificazione, gli abitanti delle regioni della Penisola migravano già in un'altra regione o stato in cerca di lavoro e migliori condizioni di vita. Si nota in particolare l'esistenza di mobilità agricola dalle regioni del Nord al Sud che coinvolgeva una manodopera specializzata. Si nota anché l'esistenza di spostamenti di popolazione per le valli francesi e svizzere che costituiva la mobilità transalpina, spesso stagionale che riguardava i mercanti , banchieri, artisti, venditori ambulanti, ambulanti...    

  Queste migrazioni all'interno e all'esterno della Penisola sono state raramente fenomeni individuali ma spesso si sono basate su reti consolidate basate sulla solidarietà familiare.

02. Inizio della massiccia emigrazione dall'ottocento e l'unificazione

   L'Ottocento vede l'emergere di un nuovo tipo di migrazione che continuerà per tutto il Risorgimento: l'esilio politico. L'occupazione napoleonica in Italia generò infatti un vasto movimento demografico di oppositori politici che vennero a stabilirsi in Francia. Questo esilio politico si estese poi anche alle Americhe in seguito al Risorgimento con le rotte aperte sul modello di Mazzini e Garibaldi.

   Inoltre, stiamo assistendo a un capovolgimento degli equilibri migratori tra Nord e Sud : i prefetti napoleonici incoraggiano i lavori pubblici al Nord e poi la Rivoluzione Industriale si tradurrà in un'attrattività di queste stesse regioni. La rivoluzione industriale provocherà anche massicci movimenti di manodopera italiana verso i paesi europei, in particolare verso la Francia. L'Italia è poco industrializzata, segnata da una crisi rurale e sta vivendo una forte crescita demografica che la sua economia fatica ad assorbire.

 

   È anche l'inizio di una massiccia emigrazione transatlantica che contrasta con la precedente migrazione stagionale. Il mito del continente americano nell'opinione pubblica italiana, come terra di tante ricchezze, attrae sempre più migranti in cerca di una vita migliore.

03. L'inizio del XXe secolo e la fine di un processo migratorio di massa

   Il XXe secolo segnerà un cambiamento nelle pratiche migratorie. Alcuni fattori come le guerre mondiali e il ritorno degli emigrati italiani nelle loro famiglie, nonché il Quota Act approvato negli Stati Uniti che limita l'immigrazione di massa, hanno determinato un rallentamento della mobilità italiana nel periodo tra le due guerre; anche se questa mobilità, in particolare transatlantica, esiste ancora.

 

   Inoltre, il regime fascista favorisce l'emigrazione verso le colonie al fine di incanalare le popolazioni interne. L'emigrazione di massa italiana è vista dal fascismo come una vergogna nazionale, quindi è inquadrata.

 

  Fu anche l'inizio di un vero e proprio esodo rurale e del conseguente abbandono delle campagne e delle zone montane, fenomeno che segnerà l'intero secolo.

04. La fine dell'emigrazione italiana? Il post seconda guerra mondiale

   Dopo la seconda guerra mondiale, i paesi dell'Europa occidentale divennero la meta preferita dei migranti italiani in cerco di lavoro, legalmente o illegalmente. Tuttavia, dagli anni '60 in poi, vi è stato un significativo aumento delle migrazioni all'interno della Penisola, tra il 1960 e il 1980 sono diventate più importanti delle migrazioni all'estero. Questi spostamenti, dal Sud al Nord ma anche dalla campagna alla città, cambieranno profondamente il volto del Paese, favorendo l'urbanizzazione del nord e del centro Italia.

 

   Dagli anni '70, in poi, si assiste ad una diminuzione delle migrazioni interne ed esterne e ad un aumento dei rientri, ma anche ad un'evoluzione delle comunità italiane all'estero che hanno legami più importanti con il Paese. Per fare appello a questa immensa diaspora italiana diffusa in tutto il mondo, il governo ha aperto il diritto di voto agli immigrati e ai discendenti degli immigrati.

 

   Gli anni '70 vedono soprattutto l'inizio del fenomeno migratorio in Italia con le prime migrazioni postcoloniali, fenomeno che si intensificherà fino ad oggi.

 

   Negli anni '90 compare un nuovo tipo di mobilità chiamato la "fuga dei cervelli". Questo fenomeno riguarda giovani qualificati, studenti o lavoratori che si stabiliscono all'estero per lavorarli.

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